L’artrosi (OA) è la forma più comune delle malattie articolari. Colpisce milioni di persone in tutto il mondo e rappresenta una delle maggiori cause di dolore e disabilità, in particolare nell’anziano.
L’OA è spesso considerata, erroneamente, una malattia esclusivamente degenerativa dovuta alla lenta ed inarrestabile usura della cartilagine. Le evidenze cliniche e scientifiche dimostrano invece come l’OA colpisca tutti i tessuti dell’articolazione. Nel corso di questa malattia si possono infatti osservare, oltre alla degenerazione della cartilagine, altre modificazioni strutturali quali la sclerosi dell’osso subcondrale, la formazione di osteofiti e, a vari gradi, l’infiammazione della membrana sinoviale.
Il concetto dell’OA come malattia di un organo completo (l’articolazione) e con danni a molteplici tessuti, permette di prendere in considerazione nuovi bersagli terapeutici quali la sinovite e il rimodellamento osseo.
Gli attuali trattamenti farmacologici dell’OA, così come definiti a livello internazionale da varie linee guida, mirano sostanzialmente al controllo del dolore. Ma il vero obiettivo terapeutico nell’OA è quello di trovare un trattamento che possa ridurre la distruzione cartilaginea in modo permanente.
Trattamenti attualmente disponibili
Una classe terapeutica di farmaci conosciuta come “slow-acting anti-arthritic agents” viene attualmente utilizzata allo scopo di rallentare la progressione dell’OA. Questi farmaci includono il condroitin solfato e la glucosammina e, inoltre, i derivati dell’avocado e della soia e la diacereina, tutte molecole con un ottimo rapporto rischio-beneficio ma con una modesta efficacia sul dolore.
Uno studio clinico recente ha dimostrato che la somministrazione di 800mg di condroitin solfato nell’OA delle mani riduce i sintomi dolorosi dopo 6 mesi di trattamento. In termini di condroprotezione, queste molecole hanno dimostrato in vari studi clinici di rallentare la riduzione dello spazio articolare di circa 0.1mm all’anno, specialmente nell’OA del ginocchio e di ridurre il numero di pazienti a progressione più rapida di malattia. Nonostante possa sembrare un dato minimo, in termini di rilevanza clinica potrebbe significare per esempio ritardare un intervento chirurgico di protesi articolare.
Per quanto riguarda le terapie intraarticolari, le più utilizzate sono le infiltrazioni di acido ialuronico. L’obiettivo è di ridurre il dolore e migliorare la funzionalità delle articolazioni, cercando di ripristinare la viscosità e l’elasticità del liquido sinoviale che sono ridotti nell’OA (cfr rubrica “La viscosupplementazione nell’artrosi).
I. TERAPIE CHE HANNO COME BERSAGLIO I MEDIATORI PROINFIAMMATORI
Le terapie biologiche o bioterapie
Con bioterapia si intende l’utilizzo di un farmaco in grado di bloccare in modo specifico una molecola coinvolta nel processo infiammatorio o nel dolore.
• NGF (Nerve Growth Factor – fattore di crescita dei nervi)
Il NGF è direttamente coinvolto nelle vie di trasmissione del dolore. Descritta per la prima volta nel sistema nervoso, questa molecola agisce su una modifica chimica (la fosforilazione) dei nocicettori abbassando la soglia del dolore. La presenza di NGF nell’articolazione artrosica ha fornito il razionale per l’uso di un inibitore di NGF, un anticorpo monoclonale chiamato tanezumab, nell’OA. Tuttavia, nonostante gli ottimi risultati nella riduzione del dolore, sono stati osservati effetti collaterali neurologici e un aumento di artropatie distruttive aggravati dall’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS).
• Citochine proifiammatorie
L’infiammazione che caratterizza l’OA si localizza principalmente nella membrana sinoviale, nell’osso subcondrale e nella cartilagine e coinvolge una cascata di mediatori pro-infiammatori tra cui i frammenti della matrice, le citochine e i componenti del complemento. Queste sostanze non solo contribuiscono alla degradazione della matrice cartilaginea ma sono anche coinvolte nella trasmissione del dolore.
Le citochine più importanti nell’OA sono l’IL-1? e il TNF?. Un anticorpo monoclonale che blocca il recettore dell’IL-1? somministrato per via sistemica è in fase di studio ma non ha dato risultati incoraggianti. Più interessante è la somministrazione dell’antagonista del recettore dell’IL-1? per via articolare, che permette di localizzare il farmaco ed evitare gli effetti collaterali legati alla somministrazione sistemica. Tuttavia, la breve emivita di questa molecola rende ancora difficile questo tipo di somministrazione ed è attualmente oggetto di studio.
Per quanto riguarda il TNF?, la somministrazione sistemica del suo inibitore, è stata utilizzata nella forma più grave di OA erosiva delle mani dove si è osservato solo un parziale beneficio.
• Ossido nitrico
L’ossido nitrico è un gas che, prodotto in eccesso durante il processo artrosico, può contribuire alla distruzione della cartilagine attraverso un processo chimico, la nitrosilazione delle proteine, e l’induzione dell’apoptosi dei condrociti (le cellule della cartilagine). È stato quindi preso in considerazione come potenziale target terapeutico e un suo inibitore è stato provato in alcuni studi clinici sull’OA del ginocchio. Nessuna riduzione della progressione della malattia è stata però osservata.
• Metalloproteasi
Le metalloproteasi (MMP) sono enzimi che degradano la matrice extracellulare della cartilagine articolare. La loro attivazione fa seguito alla liberazione dei mediatori infiammatori coinvolti nell’OA, quali le citochine. L’inibizione delle MMP è stata presa in considerazione nell’ottica di bloccare il danno cartilagineo ma i primi studi clinici condotti con questi farmaci hanno riportato troppi effetti collaterali a danno del sistema muscolo-scheletrico. Attualmente esistono degli inibitori maggiormente selettivi, come quello per la MMP-13, che sono stati testati su modelli animali con positivi effetti condroprotettivi.
Nuove interessanti prospettive per la terapia dell’OA si concentrano quindi sull’inibizione di specifiche vie biologiche responsabili del processo di degradazione della cartilagine e del processo infiammatorio a carico della membrana sinoviale. Anche se molte molecole sono state abbandonate in fase preclinica per effetti collaterali, altre sono attualmente in fase di studio e rappresentano un’importante opportunità terapeutica per il futuro.
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