All’interno del ginocchio ci sono due legamenti tra la tibia e il femore, denominati legamenti crociati anteriore e posteriore perché si incrociano al centro dell’articolazione con la funzione di stabilizzarla durante il movimento.
La rottura del legamento crociato anteriore (LCA) è un evento patologico molto comune, con un’incidenza annuale di circa trentacinque individui per 100.000 casi. Solo negli Stati Uniti colpisce più di 120.000 atleti ogni anno. La rottura del LCA è una lesione importante, che porta a instabilità articolare, debolezza muscolare, alterazione dei processi meccanici con ricadute negative sulle attività sportive. Queste lesioni sono associate anche a ripercussioni a lungo termine, tra cui lesioni meniscali, lesioni cartilaginee, e un maggiore rischio di insorgenza di artrosi (OA) precoce. Sebbene la ricostruzione chirurgica sia raccomandata nei pazienti giovani e fisicamente attivi, le evidenze scientifiche suggeriscono che questa non sia in ogni caso in grado di ridurre il rischio di sviluppare l’OA.
La prevalenza dell’OA riscontrata dopo lesioni del LCA è molto variabile, tra il 10 e il 90%. Per esempio, è stato osservato che nel 78% dei casi la rottura del LCA nei giocatori di calcio maschile è responsabile di alterazioni radiografiche a distanza di 14 anni dalla lesione, indipendentemente dal trattamento ricevuto. Alterazioni degenerative più avanzate sono state osservate nel 41% delle articolazioni colpite, contro il 4% delle articolazioni che non hanno subito traumi (Von Porat A, 2004).
Analogamente, sono state osservate alterazioni radiografiche nell’82% dei giocatori di calcio femminile a distanza di 12 anni dalla lesione del LCA (Lohmander LS, 2004).
L’associazione tra rottura del LCA e l’eventuale insorgenza della malattia degenerativa articolare è stata descritta in numerosi studi longitudinali.
I fattori scatenanti, che si verificano al momento del danno e che possono contribuire allo sviluppo precoce di OA del ginocchio comprendono lesioni:
– al menisco
– alla cartilagine articolare
– all’osso subcondrale
Inoltre, mediatori pro-infiammatori, quali le citochine, aumentano in seguito al trauma e possono contribuire alla cascata dei cambiamenti degenerativi.
Ruolo dell’infiammazione
A seguito di un trauma articolare, vi è il rilascio di importanti mediatori infiammatori nella cavità articolare che permangono nel tempo. I livelli di alcune citochine (IL-6, IL-8, TNF-alfa) e del cheratan solfato (uno dei glicosaminoglicani che compongono la cartilagine) aumentano rapidamente entro 24 ore dopo la rottura del LCA e permangono elevati per diversi giorni, interferendo potenzialmente con l’omeostasi articolare. La concentrazione di alcune di queste sostanze si ritrova aumenta anche a distanza di mesi nel liquido sinoviale. Questi marcatori biochimici pro-infiammatori stimolano l’angiogenesi, la formazione di osteofiti, e aumentano l’espressione di enzimi catabolici, quali le metalloproteinasi della matrice (MMP), in grado di degradare i componenti della matrice extracellulare della cartilagine articolare (proteoglicani e collagene).
Nonostante il tentativo di bilanciare la cascata pro-infiammatoria, come evidenziato da un aumento dei livelli degli inibitori tissutali delle MMP (i cosiddetti TIMP) e delle citochine anti-infiammatorie quali la IL-10, le vie cataboliche portano ad un aumento della permeabilità della matrice extracellulare e ad un maggiore contenuto di acqua nella cartilagine articolare. Questo processo altera in modo patologico i fenomeni biochimici e biomeccanici della cartilagine con conseguente rimodellamento anomalo del tessuto.
Ruolo del danno meniscale
La lesione del menisco dopo rottura del LCA è ampiamente documentata. L’incidenza di lesioni meniscali mediali contemporaneamente alla rottura del ligamento varia dal 25 al 45%, mentre l’incidenza di quelle laterali varia dal 31 al 65%. Alcuni Autori hanno valutato prospetticamente l’incidenza di OA dopo ricostruzione del LCA in pazienti con o senza concomitante patologia meniscale. A distanza di 10-15 anni, è stato osservato un assottigliamento dello spazio articolare nel 80% dei pazienti con associata lesione al menisco rispetto al 62% di quelli con sola rottura del LCA (Oiestad B, 2013).
Uno studio condotto prospetticamente per 17 anni su oltre 100 pazienti sottoposti a ricostruzione del LCA, ha evidenziato lo sviluppo di OA nel 28% dei casi. L’incidenza della malattia scendeva a 14% se venivano considerati solo i pazienti in cui il menisco non aveva subito danni, mentre saliva a 37% nel caso in cui veniva eseguita anche una meniscectomia mediale (Ait Si Selmi T, 2006).
L’aumentata incidenza di OA associata al danno meniscale si spiega con un alterato carico articolare che causa degradazione cartilaginea e lesioni dell’osso subcondrale. A lungo temine, i frammenti cartilaginei che ne derivano possono indurre infiammazione e amplificare il catabolismo della cartilagine. In tale modo, un singolo evento traumatico può scatenare un episodio infiammatorio acuto ma anche causare alterazione del carico articolare compromettendo l’integrità dei tessuti.
In conclusione, vi è una chiara associazione tra rottura del LCA e lo sviluppo di OA precoce del ginocchio. La ricostruzione dei LCA riduce i danni meniscali, ma non sembra esserci una relazione tra ricostruzione dei LCA e riduzione dell’incidenza della malattia.
Riferimenti bibliografici:
– Von Porat A, et al. High prevalence of osteoarthritis 14 years after an anterior cruciate ligament tear in male soccer players: a study of radiographic and patient relevant outcomes. Ann Rheum Dis 2004;63:269-73.
– Lohmander LS, et al. High prevalence of knee osteoarthritis, pain, and functional limitations in female soccer players twelve years after anterior cruciate ligament injury. Arthritis Rheum 2004;50:3145-52
– Oiestad BE, et al. The prevalence of patellofemoral osteoarthritis 12 years after anterior cruciate ligament reconstruction. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 2013;21:942-9.
– Ait Si Selmi T, et al. The evolution of osteoarthritis in 103 patients with ACL reconstruction at 17 years follow-up. Knee 2006;13:353-8.
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